“La risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto è… 42.”

Douglas Adams, Guida Galattica per Autostoppisti

Io non so quale sia la domanda fondamentale, né lo saprò mai. Ma qualche piccolo 42 ce l’ho anch’io, in fondo in fondo.

42 è aver sempre saputo, fin da quando ero piccola, che la musica sarebbe stata una parte importante di me. Ringrazio mio padre per avermi trasmesso questa passione, senza la quale non sarei io.

42 è il bisogno viscerale di comunicazione che ho nutrito a lungo, anche quando non sapevo incanalarlo.

42 è la mia introversione che, durante l’adolescenza, mi faceva percepire dall’esterno come una sfigata. Ma, a tempo debito, si è rivelata l’arma migliore che potessi avere a disposizione. Perché logica e riflessione sono ottime consigliere e maestre di vita.

42 è l’inanellarsi di sfighe, una dietro l’altra, che ho avuto per diversi anni. Sono state difficili da superare ma ho capito quanto grande sia la mia forza.

42 è stata la disgrazia di vedere mia madre ammalarsi di tumore e la fortuna di vederla guarire. Lei è la mia leonessa, il mio esempio, avere la metà della sua grinta vorrà già dire essere una grande donna. Spero di farcela.

42 è avere una visita, il giorno del tuo ventisettesimo compleanno, col senologo che ti dice “dobbiamo operarti entro 30 giorni, prima che la situazione degeneri totalmente”. Perché lo spettro di un cancro ti sembra terribile, ti toglie il sonno. E a quel punto capisci che se l’operazione va bene, non dovrai più gettare la tua vita alle ortiche solo per far contenti coloro che ti stanno attorno.

42 è superare la malattia, a testa alta, e iniziare una strada professionale molto tortuosa che ti dà parecchi dolori ma anche molte soddisfazioni.

42 è riuscire a mettere, finalmente, te stessa al primo posto e ascoltarti.

42 è fare gavetta e rendersi conto che sì, sei in gamba, e che sei in grado trasformare la tua passione in un lavoro. Ovvero, diventare una giornalista musicale preparata.

42 è lottare contro tutti coloro che ti dicono “non ce la farai mai” e dimostrare loro che invece sì, tu ce la puoi fare. E ce la fai.

42 sono gli amici prima, e i colleghi poi, che riconoscono determinazione e bravura. Perché sentirsi dire “brava” può solo far bene.

42 è realizzare dei sogni, grazie a questa carriera tanto matta quanto emozionante. Tipo incontrare personaggi come Slash e stringergli la mano. O anche andare a Sanremo.

42 è riscoprirmi capace di affrontare la mole di lavoro a Sanremo ed uscirne bene.

42 è realizzare di essere in gamba anche come copywriter, professione che ho iniziato per puro caso, e che farlo a tempo pieno sarebbe un ottimo piano B.

42 è ricominciare a vivere con la voglia di avere un futuro, e smettere di sopravvivere per inerzia. Avere un motivo per cui sorridere, sempre e comunque.

42 è guardarsi allo specchio e sentirsi, dopotutto, una bella persona. Magari un po’ troppo ingenua, ma con la certezza di non far del male al prossimo.

42 è essere definita secchiona, sul lavoro. Che magari è una nomea antipatica ma meglio essere iper-preparate che poco serie.

42 è un rapporto di lavoro, quale quello con Silvia, che si tramuta in un’autentica amicizia. E’ bello avere una collega e un’amica come te.

42 è imparare ad accettare le mie piccole stranezze alla Sheldon Cooper e andarne fiera.

42 è riuscire a volermi bene, finalmente.

42 è entrare in crisi con la musica, perché i rospi che stai mandando giù sono troppo grossi.

42 è far pace con le sette note.

42 è un pomeriggio alla mostra del cervello, che mi regalerà un incontro indimenticabile.

42 è la magia degli occhi di una persona speciale ogni volta che incrociano i miei. Sì, Samu. Anche se non te l’ho mai detto, il mio 42 più grande sei tu.

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